La corsa all’infrastruttura dell’AI è entrata in una fase parabolica.
Nel terzo trimestre del 2025, le Big Tech hanno raggiunto livelli record di investimenti: Amazon, Meta, Alphabet e Microsoft hanno investito 112 miliardi di dollari di spesa in conto capitale, il doppio rispetto all’inizio del 2024 e tre volte rispetto alla metà del 2023.

Questi numeri non rappresentano semplici acquisti di hardware, ma la costruzione del nuovo motore dell’economia digitale: data center, reti ottiche, cluster di AI, infrastrutture energetiche.

L’intelligenza artificiale non viene più trattata come un prodotto, ma come una vera e propria infrastruttura strategica.

Le Big Tech stanno letteralmente costruendo l’architettura del futuro, investendo miliardi per garantirsi la supremazia nel campo tecnologico nella prossima decade.

 


È corretto parlare di “bolla”?

I paragoni con la bolla tecnologica del 2000 sono non solo avventati ma infondati. Durante la bolla dot-com tutti erano entusiasti: retail, venture, consumatori.
Era la narrazione perfetta: “Internet cambierà il mondo”.

Oggi è il contrario.
In questo momento l’AI, più che essere un motivo di speranza, è spesso associata a timori riguardanti l’occupazione, la tutela della privacy e la definizione della stessa identità personale.

La narrativa fuori da Wall Street è tossica: licenziamenti, costi energetici alle stelle, creatività che muore.
Ed è proprio questa negatività sistemica, questo rifiuto culturale, a segnalare che non siamo nemmeno vicini alla fase euforica del ciclo.

 


A che punto siamo oggi?

Oggi siamo nel punto opposto: un mercato che negli ultimi mesi ha continuato a salire nonostante la maggioranza non ci credesse.
Un mercato guidato dal dubbio, non dall’euforia.

Dal punto di vista economico le bolle non scoppiano quando l’investimento è in eccesso, ma quando si esaurisce il capitale disponibile e le aziende si indebitano per continuare ad investire.

Ma oggi il capitale continua ad affluire e arriva dal cashflow.
Le aziende preferiscono spendere troppo piuttosto che rischiare di spendere troppo poco e perdere la leadership nell’AI.
Nella storia dei mercati non si è mai visto un livello simile di concentrazione di capitale, innovazione e ambizione.

E le valutazioni delle aziende leader sono davvero eccessive?
Se consideriamo il forward P/E aggregato (rapporto tra il prezzo attuale e gli utili futuri stimati) dei Magnificent 7 (2025) è di 23 volte, ovvero appena la metà delle 52 volte dei leader tech del 2000.

All’epoca il mercato pagava promesse.
Oggi paga utili
e infrastrutture che stanno già cambiando il mondo.
Qualcuno potrebbe obiettare che il rischio oggi non è la valutazione, ma la concentrazione: sette società che valgono il 32% dell’S&P 500.

 


Guardiamo lo storico:

La storia dimostra che le concentrazioni non esplodono, si espandono.
Ogni grande ciclo tecnologico ha iniziato con pochi leader e finito con un’economia intera che ne adottava i modelli.

Non è euforia, è la nuova infrastruttura del capitalismo moderno.

Questo è il paradosso: l’opinione pubblica è convinta che i mercati si trovino già a fine ciclo, quando in realtà si muovono come nel pieno di un megatrend, in cui la liquidità insegue le aziende che creano valore, ignorando completamente la narrativa del “vecchio mondo”.

 


Un nuovo paradigma:

Alla luce di tutto questo, diventa evidente che il contesto attuale non può essere descritto con superficialità. Non è un semplice aumento di valutazioni o entusiasmo momentaneo: è una trasformazione che coinvolge infrastrutture, capitale, ricerca e capacità di esecuzione.

Il sentiment – sia del retail che degli istituzionali – continua ad essere moderatamente ribassista, e anche questo aspetto è contro intuitivamente a supporto della continuazione del rialzo.
Storicamente i bull market durano mediamente 6,5 anni con la possibilità di estensione fino a 12 anni.

Nassim Nicholas Taleb — matematico, saggista e autore del celebre Cigno Nero — è noto per le sue analisi sulle dinamiche dei sistemi complessi. Sostiene che gli economisti non comprendono la non linearità.
Proprio quello che sta succedendo adesso. L’economia è in fase di profondo cambiamento ma i modelli econometrici continuano a valutare le dinamiche con modelli che andavano bene in passato.

 


Conclusioni:

Il vero rischio oggi non è l’entusiasmo irrazionale, ma restare fermi mentre energia e AI si fondono per diventare il motore del capitalismo dei prossimi anni.

Chi comprende la natura di questo superciclo non aspetta il “momento giusto”: si posiziona prima che inizi la prossima ondata.
Le correzioni e i cali di breve periodo non sono un’anomalia, ma una parte naturale del processo di ogni grande trasformazione: fanno rumore, confondono, mettono alla prova la pazienza.
Ma è proprio in quei momenti che diventa essenziale non perdere di vista il contesto per riuscire a cogliere la traiettoria del ciclo che stiamo attraversando.

 


Contatti

Se desideri ulteriori informazioni, contattaci, il nostro team di professionisti è a Tua disposizione.